Scrivere a volte è un lusso altre un tuffo…
So con precisione l’attimo in cui decisi che la scrittura avrebbe fatto parte della mia vita per sempre, lo ricordo bene.
Inizi difficili
È una storia che molte delle persone che mi vivono o con le quali mi sono incontrata durante le presentazioni di un libro conoscono. La racconto da quando ho capito che condividere una partenza difficile aiuta a stare meglio non solo a chi lo fa. Ma oggi mi va di scrivere un pensiero, magari anche banale, su come oper tanti anni ho considerato il mio scrivere qualcosa che dovevo meritarmi…
Mettermi alla scrivania, sedermi davanti alla macchina da scrivere, averla tutta per me mi faceva sentire privilegiata. Starmene lì ad osservare la bellezza dei tasti, l’intrico dei meccanismi, l’ipnotico andare su e giù delle lettere mentre i pensieri prendavano forma. E poi il profumo dell’inchiostro, il nastro nero e rosso che a volte si impigliava e il rumore delle frasi… tac, tac, tac ed ecco che una preposizione sbucava sul foglio, tac, tac tac, tac ed ecco una parola. Mi sentivo preda di un incantesimo, di una malìa e lasciavo che le ore trascorressero. Oltre le finestre la luce si assottigliava fino a sparire e mi rendevo conto che i compiti non erano ancora finiti…
Che fare?
Allora a malincuore lasciavo il foglio scritto per metà, appoggiato alle stanghette metalliche imprigionato dal rullo con la promessa di ritrovarci ancora il giorno successivo, magari finiti i compiti, con il cuore più leggero.
Ripensando a quella bambina con le mani sporche di inchiostro e il senso di colpa per i compiti non finiti provo una grande tenerezza. Mi piacerebbe sederle accanto e osservarla mentre fissa ipnotizzata le parole o impreca per gli errori. Dirle che ci sarà tempo per tutto, che sarà bravissima e anche che non imparerà mai a non sporcarsi le mai cambiando i nastri o semplicemente i fogli. E che da grande diventerà una scrittrice che ancora si sporca le dita anche solo a spolverare quella vecchhia e bellissima macchina da scrivere…