“Un incontro inaspettato” ecco la seconda parte
Secondo appuntamento con “Un incontro inaspettato” una favola ispirata al mondo di Shakespeare 😉
L’avevano scoperto! Ma come? Non aveva visto guardie in giro, né sentito dare l’allarme, non aveva fatto nulla se non guardarsi attorno… il cuore cominciò a battere più forte. Forse non avrebbe dovuto raccogliere quel tesoro, non avrebbe dovuto assaggiare la polvere dolce e neppure uscire dal libro, forse…
Mille domande si accavallarono in fretta nella sua mente, domande a cui avrebbe tentato di rispondere una volta messa in salvo la pelle. Adesso correva molto più veloce, udiva i passi farsi sempre più vicini. “Nessuno sparisce nel nulla, forza guardate ovunque” tuonava la stessa voce imperante che aveva sentito poco prima. Sul fatto che nessuno sparisse nel nulla non era poi così certo, conosceva creature magiche in grado di non essere viste, mimetizzarsi talmente bene da non essere scorte da occhio umano ed altre passare di dimensione in dimensione come se nulla fosse, ma lui non era una di quelle e doveva trovare al più presto una soluzione.
Alla ricerca di una soluzione
La soluzione gli si parò davanti a metà del corridoio. Due sportelli di legno accostati facevano capolino dalla parete, forse un armadio a muro. L’altezza da coprire per arrampicarsi non era eccessiva, le ante non erano sigillate e uno strano oggetto cilindrico di metallo rosso brillante appeso al muro gli avrebbe facilitato l’ingresso. Raggiunse il misterioso oggetto senza fatica, ci si aggrappò con forza, stese una gambetta fino al legno e con la punta della scarpa lo scostò quel tanto che serviva per il suo passaggio. Una fetta sottile di luce ferì il buio dell’interno. Guardò dentro e vide che c’era abbastanza spazio per lui. Prese la mira e per la seconda volta in quell’imprevista giornata si lanciò nel vuoto. Stavolta però tenne gli occhi ben aperti atterrando perfettamente nello spazio angusto. Beh proprio perfettamente no, però era salvo. Richiuse rapido le ante e fece un grosso respiro. Accostò l’orecchio allo sportello e rimase immobile fintanto che non sentì il rumore dei passi allontanarsi. Pericolo scampato! Si tolse il berretto e ci si asciugò la fronte, scrollò le spalle e decise di vedere cosa gli abitanti di quel posto nascondessero in un armadio nel muro. Attese che gli occhi si abituassero alla poca luce, poi si voltò.
Una strana creatura lo stava fissando. Il cuore che era appena tornato col suo ritmo regolare, ricominciò come un tamburo a martellare. Occhi grandi di un azzurro intenso, capelli castani lunghi intrecciati con nastri blu, bocca rossa e lucida, pelle celeste punteggiata di gemme, stelle marine pendevano dal suo collo lungo e bracciali di perle adornavano le sue braccia. Rimasero così in silenzio fissandosi negli occhi per alcuni attimi che sembrarono interminabili, poi la creatura azzurra si portò l’indice sulle labbra facendogli cenno di tacere. Anche lei accostò l’orecchio alle ante, le scostò appena e uscì furtiva come una ladra, si girò verso di lui e senza dargli neppure il tempo di dire qualcosa lo afferrò e iniziò a correre.
Tanta fu la sorpresa
Tanta fu la sorpresa e la rapidità del gesto che l’unica cosa che poté fare fu di tenere ben saldo il berretto e sperare che non lo consegnasse agli uomini che lo stavano cercando. La creatura corse per un po’, profumava di buono si muoveva sicura e veloce per i corridoi, poi aprì una porta che dava su un giardino dove sorgevano strane costruzioni colorate e dove altre creature bizzarre giocavano. Vide leoni, orsi, gatti e cani su due zampe, pirati, principi, e spadaccini che si rincorrevano, alcuni maghi forse e sicuramente due streghe un po’ più lontane. Corse, poi gli alberi la accolsero, alti pini le si fecero attorno e solo quando giunse in un luogo interno di quella pineta si fermò.
Apparentemente incurante del fatto che lo stesse ancora tenendo ben stretto nel pugno, si guardò attorno. Poi da una botola nascosta sotto pungenti e profumati aghi prese una corda a cui era saldamente ancorato un rampino. Richiuse la botola e ne nascose i bordi, infilò il suo nuovo compagno d’avventura in una grossa tasca che aveva nel vestito lucente e lanciò la corda verso un ramo sporgente. Senza fatica né tantomeno riguardo per lui iniziò ad arrampicarsi e solo quando raggiunse la cima dell’albero lo tirò fuori dalla tasca e lo mise di fronte a sé.
“Io e te dobbiamo parlare” disse senza preamboli “chi sei? Cosa vuoi? Perché mi seguivi e soprattutto perché mi hai rubato il braccialetto?”
Non poteva credere alle sue orecchie era appena stato rapito, trascinato contro la sua volontà nel folto di un bosco, infilato malamente in una tasca e adesso interrogato e tutto questo senza aver fatto assolutamente niente di quello di cui veniva accusato.
Indietreggiò di qualche passo e si rese conto di essere sul limitare di una casa di legno costruita sull’albero e invisibile dal basso. Era stupito per la bellezza di quel luogo, ma non lasciò che la sorpresa lo distraesse. Vestì un’espressione seria puntò i pugni sui fianchi, alzò il mento in tono di sfida. “Senti un po’ creatura bizzarra” l’apostrofò “piuttosto chi sei tu che ti nascondi in un armadio e nel buio ghermisci e rapisci gli esseri come me approfittandoti del fatto che sei più grande e più veloce, ma non credere che sia finita qui. Io non sono un ladro questa collana l’ho fatta io. Ho trovato delle perle e ne ho costruito un monile non sapevo che fosse il tuo braccialetto e se lo rivuoi posso dartelo, sono uno straniero è vero, ma vengo in pace.”
La creatura lo osservò per alcuni secondi, quel buffo esserino se ne stava lì tutto impettito e l’espressione severa immobile con aria di sfida. Poi lentamente gli si avvicinò e cercando i suoi occhi gli sorrise.
“Va bene” disse, “ricominciamo. Mi chiamo Asia, anche se vivo in Europa, ho nove anni, sono una bambina e non una bizzarra creatura e…” fece una pausa “mi piacerebbe conoscerti, buffo essere e puoi tenere il braccialetto, forse si è rotto quando ho litigato con i miei compagni ieri in biblioteca”.
La guardò ancora con fare di sfida, poi quando riconobbe dietro il suo sguardo la bellezza della sincerità, sciolse la sua posa rigida, fece due passi indietro, si spolverò il vestito, tolse il cappello e sorrise.
“Mi chiamo Puck che significa spirito dei boschi,” esordì con un generoso inchino, ho qualche anno in più di te, sono un folletto, non un buffo essere e sono molto felice di fare la tua conoscenza, Asia”.
Continua… nella prossima puntata